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Glossario Lean/Kaizen
Cosa significa "gemba"? E "muda"?
La nostra consulenza manageriale e la nostra formazione seguono un approccio nato in Oriente e diffusosi in tutto il mondo. Dietro l’etichetta “Lean”, ormai molto sentita, diversi importanti concetti restano oscuri ai più. Attraverso questo glossario vogliamo esplorarne il ricco significato e le molte implicazioni teoriche e pratiche.
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5s
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ANALISI DI PARETO
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ANDON
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ASAICHI
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DIAGRAMMA DI ISHIKAWA
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FINESTRA KAIZEN
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GEMBA
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GEMBA WALK
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HANSEI
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KAIZEN
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I 5 PERCHE'
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ISHIKAWA
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KANBAN
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KPI
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LEAD TIME
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LEAN MANUFACTURING
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MIZUSUMASHI
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MUDA
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MURA
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MURI
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ONE PIECE FLOW
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PDCA
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OPL
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POKA YOKE
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SMART
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SPAGHETTI CHART
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SHU HA RI
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STANDARD WORK
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SUPERMARKET
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VALUE STREAM MAPPING
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TAKT TIME
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VISUAL MANAGEMENT
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TEMPIO TPS
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WIP
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5SLe 5S sono uno degli strumenti principali del Lean Thinking. All’inizio di un percorso di trasformazione snella, questo strumento aiuta a coinvolgere le persone, a ridurre gli sprechi e a generare postazioni di lavoro più ordinate e pulite. La tecnica delle 5S viene applicata alla gestione delle postazioni di lavoro: attrezzi, materiali e informazioni vengono rimessi in discussione, valutati e ordinati, considerando l’utilizzo che ne viene fatto e l’importanza che hanno nella generazione di valore per il cliente. La vera potenza di questo strumento sta proprio nel fatto che lo sforzo per l’implementazione è ridotto, ma i benefici sono grandi, primo tra tutti proprio il coinvolgimento delle persone. L’acronimo 5S deriva dalle prime lettere dei 5 step di cui è composta questa metodologia, nella loro concezione giapponese: Seiri. Separare ciò che è necessario da ciò che non lo è; Seiton. Disporre in ordine solo ciò che è necessario; Seiso. Pulire l’ambiente e i macchinari; Seiketsu. Standardizzare. Continuare ad applicare le prime tre S; Shitsuke. Sostenere. Maturare l’autodisciplina, rendendo stabile l’applicazione. Se i primi 3 step sono quelli di più facile implementazione, gli ultimi due richiedono invece uno sforzo continuo e costante: le prime tre S da sole non bastano per affrontare il cambiamento, è fondamentale che questa metodologia venga interiorizzata, in modo che sia auto-sostenuta da persone che credono veramente nel cambiamento. Senza questi passaggi, si rischia di tornare velocemente alla situazione iniziale. È fondamentale inoltre tenere presente che l’ordine non è per forza sinonimo di 5S: ambienti molto puliti e ordinati possono in realtà contenere molti sprechi, soprattutto se le 5S non sono state implementate a servizio della persona a cui compete quella postazione. Infine, ricordiamo che le 5S sono la base per l’implementazione di un efficace sistema di Visual Management.
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ANALISI DI PARETO𝗣𝗥𝗜𝗡𝗖𝗜𝗣𝗜𝗢 𝗗𝗜 𝗣𝗔𝗥𝗘𝗧𝗢 Il principio di Pareto è nato grazie all’economista Vilfredo Pareto nel 1897, mentre studiava la distribuzione dei redditi: egli constatò che in Italia il 20% della popolazione possedeva l’80% delle terre. Secondo questo principio, la “𝑚𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜𝑟 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑏𝑙𝑒𝑚𝑖 𝑒̀ 𝑐𝑎𝑢𝑠𝑎𝑡𝑎 𝑑𝑎 𝑢𝑛 𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑟𝑖𝑑𝑜𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑢𝑠𝑒”: prendendo come esempio i difetti in produzione, possiamo quindi affermare che l’80% di essi è generato dal 20% delle cause. Possiamo identificare svariati campi di applicazione per eseguire un’analisi di questo tipo, dalle fermate più impattanti su un impianto produttivo fino agli articoli che impegnano la quota più grossa del capitale circolante in un magazzino. 𝗘 𝗻𝗲𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼 ❞𝗼𝗳𝗳𝗶𝗰𝗲❞❓ Un’analisi di Pareto vi può indicare quali “causali” di chiamata impattano maggiormente nella vostra giornata lavorativa. La potenza di questo principio risiede nel mettere in evidenza quali cause dovrebbe avere la priorità massima: concentrando i nostri sforzi per risolvere quelle “poche” cause, possiamo ottenere un grande risultato.
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ASAICHI𝗔𝘀𝗮𝗶𝗰𝗵𝗶 (朝市) - ❞𝗺𝗲𝗿𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗺𝗮𝘁𝘁𝘂𝘁𝗶𝗻𝗼❞ L’Asaichi è un termine giapponese che significa “Mercato del mattino”, in quanto cerca di replicare la modalità di gestione e organizzazione del mercato del pesce in Giappone, che viene si verifica ogni giorno alla stesa ora. È una 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗶𝗰𝗮 𝘂𝘁𝗶𝗹𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝘀𝗻𝗲𝗹𝗹𝗶𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝗿𝗶𝘂𝗻𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗮𝘇𝗶𝗲𝗻𝗱𝗮𝗹𝗶 e allineare le persone ogni giorno sulle tematiche chiave per l’avanzamento delle attività: per questo motivo l’Asaichi viene anche definito “🅻🅴🅰🅽 🅼🅴🅴🆃🅸🅽🅶”. Le riunioni “classiche” vengono svolte in maniera saltuaria, nella maggior parte dei casi non vi è standardizzazione e si tengono lontane dal Gemba: per questo motivo possono durare molto tempo ed essere inefficaci. 𝗜 𝗟𝗲𝗮𝗻 𝗠𝗲𝗲𝘁𝗶𝗻𝗴, 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗶 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗲𝗽𝗶𝘁𝗶, 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗿𝗲𝗴𝗼𝗹𝗮𝗿𝗶, 𝘃𝗲𝗹𝗼𝗰𝗶 𝗲 𝘃𝗲𝗻𝗴𝗼𝗻𝗼 𝘀𝘃𝗼𝗹𝘁𝗶 𝗻𝗲𝗹 𝗚𝗲𝗺𝗯𝗮: un allineamento svolto giornalmente consente alle persone di essere maggiormente allineate sull’avanzamento delle attività, sia che si parli di 𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁𝗮̀ 𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘁𝘁𝗶𝘃𝗲, 𝗱𝗶 𝘂𝗳𝗳𝗶𝗰𝗶𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗱𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗲𝘁𝘁𝗶. Ma quali sono le 𝗰𝗮𝗿𝗮𝘁𝘁𝗲𝗿𝗶𝘀𝘁𝗶𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗔𝘀𝗮𝗶𝗰𝗵𝗶? ✅ Durata massima di 15 minuti ✅ Viene svolto sul Gemba ✅ Viene svolto in piedi ✅ Prevede l'utilizzo di Visual Board, in modo da avere a disposizione subito i KPI e altre informazioni utili ✅ Presuppone l'arrivare preparati ✅ Prevede argomenti standardizzati. Per implementare un Asaichi è necessario eseguirne una pianificazione con chi dovrà partecipare, in modo da definire in dettaglio gli argomenti da trattare, il luogo preciso del Gemba in cui svolgerla e i dati da avere a disposizione. È importante anche definire con precisione chi dovrà intervenire e il momento in cui dovrà farlo. Quali sono i 𝘃𝗮𝗻𝘁𝗮𝗴𝗴𝗶 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗔𝘀𝗮𝗶𝗰𝗵𝗶? ✅ Migliora la 𝗴𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 grazie alla standardizzazione ✅ 𝗥𝗶𝗱𝘂𝗰𝗲 𝗻𝗼𝘁𝗲𝘃𝗼𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗹 𝗻𝘂𝗺𝗲𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝗲-𝗺𝗮𝗶𝗹 𝘀𝗰𝗮𝗺𝗯𝗶𝗮𝘁𝗲 𝘁𝗿𝗮 𝗴𝗹𝗶 𝘂𝗳𝗳𝗶𝗰𝗶 ✅ Crea 𝗰𝗼𝗶𝗻𝘃𝗼𝗹𝗴𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼nel personale ✅ Dà metodo
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ANDONL’Andon fa parte degli strumenti utilizzati per implementare il Visual Management all’interno dell’azienda. “Andon” è un termine giapponese che significa “Lanterna” e infatti è uno strumento per la gestione visiva che si riferisce ad un sistema di segnali utilizzato per indicare lo stato operativo (a colpo d'occhio) di una macchina o di un centro di lavoro. L’Andon solitamente utilizza gli stessi colori che siamo abituati a vedere sui semafori: il verde ci indica che le operazioni si stanno svolgendo normalmente, il giallo può indicare dei cambi utensili o della manutenzione che è stata pianificata, il rosso invece ci avvisa di un problema (anomalia, guasto o malfunzionamento).
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FINESTRA KAIZENIl termine “Finestra Kaizen” deriva dalla filosofia Kaizen giapponese ed è una tecnica di analisi dei problemi. Questo tipo di approccio mette in relazione il problema allo standard, contrapponendosi al concetto tradizionale che lega il problema alla persona. Quando si presenta un problema, si è soliti incolpare le persone o avviare una vera e propria “Caccia al colpevole”, dimenticando che l’obiettivo comune deve essere la ricerca della causa radice che l’ha generato: l’approccio della Finestra Kaizen prevede di concentrarsi sullo standard, non sulla persona. Quando si presenta un problema, cerchiamo di rispondere semplicemente “Si” o “No” alle seguenti domande: · Lo standard esiste? · Lo standard è conosciuto? L’incrocio delle risposte che daremo, ci dirà come dobbiamo agire rispetto allo standard legato a quel particolare processo. Da qui il termine “Finestra”: ci sono 4 possibili scenari in base all’incrocio delle risposte Si/No. Facciamo un esempio… Ipotizziamo che sia sorto un problema, lo standard esiste, ma le persone non lo conoscono. Questo cosa può significare? Con tutta probabilità è stato creato uno standard per quel determinato processo, ma non è stata fatta formazione quindi le persone non ne sono a conoscenza (ecco perché si è generato il problema). La soluzione? Addestrare le persone. #Lean #LeanManufacturing #Kaizen #GlossarioKaizen #KaizenGlossary #FinestraKaizen
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DIAGRAMMA DI ISHIKAWAIl termine “Diagramma di Ishikawa” è stato coniato dall’ingegnere Kaoru Ishikawa ed è una tecnica utilizzata per la ricerca della causa radice di un problema. Viene spesso chiamato “Diagramma Causa-Effetto” o “Diagramma a lisca di pesce”, in quanto la sua forma ricorda proprio la lisca di un pesce. Questo strumento viene utilizzato per identificare tutte le cause che possono generare il problema in esame, con l’obiettivo di individuare quelle più impattanti e costruire un piano d’azione per risolverle alla radice. La particolarità del Diagramma di Ishikawa risiede nel fatto che le cause vengono raggruppate in 4 categorie, chiamate 4M: Manodopera, Materiali, Metodi, Macchine (in alcuni casi è presente una quinta categoria, definita “Ambiente”). Questa categorizzazione permette un problem solving più snello ed efficace. Il metodo migliore per costruire un diagramma di Ishikawa è attraverso il coinvolgimento delle persone: · Definire il problema: svolgere una prima analisi di Pareto e scegliere uno dei problemi con impatto maggiore · Eseguire una prima analisi del problema: dare qualche minuto al team per identificare le possibili cause che generano il problema in esame (in questa fase è importante che ognuno ragioni individualmente) · Raccogliere gli spunti (cause) e inserirli nelle 4 categorie del diagramma di Ishikawa: si possono utilizzare lavagna e post-it · Brainstorming finale con tutto il team: se una causa è stata individuata da più persone è un buon segnale, in quanto significa che è impattante
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GEMBAUno degli aspetti più importanti della filosofia Kaizen e del Lean Thinking, è l’importanza del Gemba. In giapponese Gemba significa “il luogo reale”, ovvero quel posto in cui avviene l’azione. A livello aziendale quindi per Gemba si può intendere proprio il Plant produttivo, dove il prodotto o il servizio viene generato: è quindi quel luogo in cui si genera il valore per il cliente. È molto importante stare nel Gemba, calarsi nell’azione, perché solo in questo modo è possibile vedere veramente i problemi e gli sprechi. Esistono 5 regole fondamentali per la gestione del Gemba: Recarsi sul Gemba appena si presenta un problema o un’anomalia. Solo stando sul Gemba si possono capire veramente i problemi ed è possibile agire in maniera rapida ed efficace. È importante che anche i manager visitino spesso la produzione, portando dei suggerimenti per il miglioramento; Controllare il Gembutsu. Il termine indica “qualcosa di materiale” e può indicare una macchina, uno scarto, un attrezzo ecc. Quindi di fatto sono le “cose del Gemba”. È importante supervisionare costantemente la produzione, per risolvere in maniera rapida i problemi; Prendere subito i primi provvedimenti provvisori. Appena si presenta un problema, questo va risolto in fretta; Trovare la causa radice. Dopo aver risolto il problema è fondamentale iniziare ad indagare più a fondo per trovarne la causa prima, per eliminare il problema alla radice; Stabilire degli standard che evitino il ripresentarsi del problema, dell’anomalia. Una volta trovata e risolta la causa principale del problema, è importante che le procedure che portano alla soluzione vengano messe per iscritto, fissate in uno standard operativo ed inserite in un ciclo SDCA (Standardize-Do-Check-Act). In questo modo se il problema si dovesse ripresentare si sa già come affrontarlo.
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GEMBA WALKIl termine Gemba Walk si riferisce alla “camminata nel Gemba”, una tecnica utile per sostenere la cultura Kaizen all’interno dell’azienda. Il Gemba Walk sprona il management dell’azienda ad abbandonare l’ufficio per “stare sul Gemba” e percorrere gli ambienti produttivi. L’obiettivo è di identificare nuove opportunità di miglioramento, osservando e parlando con le persone che vivono costantemente l’ambiente produttivo. Un Gemba Walk efficace è un processo strutturato che comprende 3 punti chiave fondamentali: 1. Go & See / Vai e osserva. Andare a vedere il processo con i propri occhi per comprenderne meglio i meccanismi e per toccare con mano i problemi. 2. Ask Why / Chiedi perché. L’ascolto attivo è una parte fondamentale del Gemba Walk.: è necessario parlare con le persone per comprendere a fondo i problemi e iniziare ad indagare su quali possono essere le cause che li hanno generati. Una tecnica che si può utilizzare in tal senso è quella dei 5 perché. 3. Show Respect / Mostra rispetto. Il Gemba Walk non funziona e manca il suo elemento cardine: il rispetto per le persone. Kaizen affonda le sue radici nel principio “Non giudicare, non biasimare”.
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HANSEI“Hansei” è un termine giapponese che significa “Auto-riflessione”. È un concetto centrale della cultura giapponese e del Kaizen: fa riferimento all'idea di trarre insegnamento dai propri errori al fine di evitarli in futuro e ottenere il massimo da un'esperienza negativa. Più in generale indica la necessità di riflettere su ciò che abbiamo fatto, di imparare e di mettere sotto esame ciò che è avvenuto. Non si parla necessariamente di eventi negativi: lo scopo di “hansei” è riflettere su tutte le esperienze che affrontiamo. Attenzione, “Fare Hansei” non significa cercare il colpevole, fare autocelebrazione o criticare il fallimento di una persona: invece tramite il potere del feedback e un processo strutturato, questa metodologia diventa uno scambio professionale costruttivo, un’occasione di apprendimento e si pone come unico obiettivo il miglioramento. Come possiamo eseguire un Hansei nella maniera più strutturata possibile? Semplice, possiamo seguire 4 passi fondamentali rispondendo alle seguenti domande: - “Cosa doveva succedere?”: cosa avevamo pianificato? Quali erano gli obiettivi? - “Cosa è successo?”: cosa si è realmente verificato? - “Cosa è andato male?”: su quali punti dobbiamo migliorare? - “Cosa è andato bene?”: quali sono stati i punti di forza? Cosa dovrebbe diventare uno standard? Come è possibile notare, la tecnica presenta diversi vantaggi: è facile da implementare, migliora la comunicazione, aiuta a raggiungere gli obiettivi e si può utilizzare per qualsiasi attività o progetto. #Lean #LeanManufacturing #Kaizen #GlossarioKaizen #KaizenGlossary #Hansei #Autoriflessione
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I 5 PERCHE'La tecnica dei “5 perché” è una metodologia apparentemente semplice ma estremamente efficace per identificare la causa radice di un problema. Nell’ambito del problem solving può essere utilizzata in abbinamento ad altre tecniche per facilitare il processo di brainstorming necessario ad analizzare le problematiche aziendali. Nel processo di ricerca della causa radice di un problema, è possibile utilizzare il diagramma di Ishikawa per identificare tutte le cause ed in seguito utilizzare la tecnica dei “5 perché” su ognuna di queste: seguendo questi passaggi si aumenta notevolmente la capacità del team di risolvere problemi. La metodologia consiste nel ripetere la domanda “Perché?” per almeno 5 volte, fino al raggiungimento della causa radice che genera il problema in esame. Come per numerose altre tecniche, è fondamentale il coinvolgimento delle persone e l’esperienza del team al fine di svolgere un processo di analisi che sia più dettagliato possibile.
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KANBANIl Kanban è una metodologia di gestione e approvvigionamento dei componenti, implementata da Toyota nei suoi stabilimenti grazie all’intuito di Taiichi Ohno. Quest’ultimo, in seguito ad una visita negli Stati Uniti, si chiese se fosse possibile implementare le stesse logiche presenti nei famosi Supermarket americani anche all’interno di un plant produttivo. Nacque così la tecnica Kanban, che divenne poi riconosciuta in tutto il mondo. Ma cosa significa implementare una logica di questo tipo? Il termine “Kanban” in giapponese indica un “Cartellino”: nel dettaglio “Kan” significa “Visuale” mentre “Ban” significa “Segnale”. Non bisogna confondere un comune ordine di produzione con un Kanban, in quanto quest’ultimo sta alla base dell’implementazione delle logiche Just-In-Time e Pull production. Attraverso l’analisi dei Lead Time e dei consumi di un determinato componente, viene definito un contenitore standard con un dato numero di pezzi all’interno: ogni contenitore avrà poi il suo Cartellino Kanban con tutte le informazioni necessarie alla produzione e alla movimentazione. Grazie ai Cartellini Kanban è la stazione a valle a lanciare la produzione di componenti di quella a monte: quando viene consumato un contenitore, il cliente stacca il cartellino e invia il segnale al fornitore, che produrrà la quantità esatta del contenitore e lo riposizionerà all’interno del Supermarket (luogo in cui vengono alloggiati i contenitori che utilizzano logica Kanban). In altre parole, è il cliente che tira (pull) il fornitore, chiedendo il ripristino della scorta: non viene prodotto nulla se non è strettamente richiesto dal cliente, in perfetta logica JIT (solo ciò di cui ho bisogno e dove mi serve).
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ISHIKAWAIl termine “Diagramma di Ishikawa” è stato coniato dall’ingegnere Kaoru Ishikawa ed è una tecnica utilizzata per la ricerca della causa radice di un problema. Viene spesso chiamato “Diagramma Causa-Effetto” o “Diagramma a lisca di pesce”, in quanto la sua forma ricorda proprio la lisca di un pesce. Questo strumento viene utilizzato per identificare tutte le cause che possono generare il problema in esame, con l’obiettivo di individuare quelle più impattanti e costruire un piano d’azione per risolverle alla radice. La particolarità del Diagramma di Ishikawa risiede nel fatto che le cause vengono raggruppate in 4 categorie, chiamate 4M: Manodopera, Materiali, Metodi, Macchine (in alcuni casi è presente una quinta categoria, definita “Ambiente”). Questa categorizzazione permette un problem solving più snello ed efficace. Il metodo migliore per costruire un diagramma di Ishikawa è attraverso il coinvolgimento delle persone: · Definire il problema: svolgere una prima analisi di Pareto e scegliere uno dei problemi con impatto maggiore · Eseguire una prima analisi del problema: dare qualche minuto al team per identificare le possibili cause che generano il problema in esame (in questa fase è importante che ognuno ragioni individualmente) · Raccogliere gli spunti (cause) e inserirli nelle 4 categorie del diagramma di Ishikawa: si possono utilizzare lavagna e post-it · Brainstorming finale con tutto il team: se una causa è stata individuata da più persone è un buon segnale, in quanto significa che è impattante
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LEAD TIMEUno degli obiettivi del Toyota Production System per la soddisfazione del cliente finale è un “Lead Time" più corto. Ma cosa significa il termine Lead Time? Perché Toyota associa la soddisfazione del cliente ad un Lead Time ridotto? Con il termine Lead Time si indica il “tempo di attraversamento”, ovvero il tempo che intercorre tra l’inizio e la fine di un processo produttivo e, nella sua accezione più generale, indica il tempo di risposta che un’azienda impiega per soddisfare la richiesta di un cliente. È chiaro quindi che per raggiungere la massima soddisfazione del cliente finale è fondamentale porsi come obiettivo la riduzione sempre più spinta del Lead Time, in modo da consegnare il prodotto molto più velocemente. In genere, le soluzioni adottate per attuare questa riduzione sono molto costose (ad esempio, macchinari più veloci e performanti) e la maggior parte delle volte il guadagno è relativamente ridotto. Toyota intuì che la soluzione migliore era focalizzarsi sulle attività a valore aggiunto utilizzando piccoli miglioramenti in ottica Kaizen per eliminare gli sprechi: lo stesso Taiichi Ohno sosteneva che era “fondamentale concentrarsi sul tempo che va dall’ingresso di un ordine fino alla consegna del prodotto e ridurlo il più possibile tramite l’eliminazione di tutte quelle attività che non sono a valore aggiunto (Muda)”.
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KAIZENNella lingua giapponese il termine Kaizen indica il “cambiare in meglio”, inteso come miglioramento che viene eseguito per piccoli passi, coinvolgendo tutte le persone. Se immaginiamo il Lean Thinking come un albero in fase di crescita, la filosofia Kaizen rappresenta senza ombra di dubbio le radici e il tronco, ovvero elementi fondamentali per alimentare e sorreggere il cambiamento aziendale: se non curiamo con attenzione, ogni singolo giorno, questi aspetti, molto presto l’albero morirà. Kaizen affonda le sue radici nelle persone, la vera linfa vitale del cambiamento: l’unico modo per continuare a migliorare in maniera costante è coinvolgere chi lavora direttamente sul prodotto, creando un ambiente di lavoro in grado di stimolare nuove proposte di miglioramento. La mentalità Kaizen quindi prevede un approccio completamente diverso rispetto a quello classico del management: il focus viene posto su tutto ciò che genera spreco all’interno dell’azienda, coinvolgendo coloro che costantemente, giorno dopo giorno, generano valore per il cliente. Come si può sviluppare una mentalità di questo tipo? È fondamentale ricordare i 3 principi cardine Kaizen: Non giudicare, non biasimare: Mantenere sempre un atteggiamento costruttivo, non giudicare le persone e il loro modo di fare le cose. L’umiltà e il rispetto per le persone sono la linfa vitale del miglioramento continuo. È il processo che porta ai risultati: i risultati sono la conseguenza di un buon processo che ha coinvolto tutti, l’intera squadra. Guarda la totalità: Sviluppare una visione d’insieme dell’intero processo, mai parziale. Insieme alla standardizzazione e al livellamento della produzione, Kaizen è uno dei tre mattoni che costituiscono le fondamenta del tempio del Toyota Production System: se i primi due mattoni consentono di ridurre la variabilità all’interno dei processi operativi, il terzo mattone consente di portare stabilità nelle persone.
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KPIIl termine KPI è in realtà un acronimo che indica “Key Performance Indicator”, ovvero “Indicatore chiave di performance”: vengono utilizzati per visualizzare gli andamenti e tenere traccia dei progressi in un determinato campo. I KPI sono fondamentali per la gestione aziendale, senza di questi infatti non è possibile comprendere le performance dei processi. Vengono utilizzati in particolare per: · Identificare lo stato attuale: qual è la performance attuale del mio processo? · Capire il margine di miglioramento: quanto posso migliorare tale performance in un determinato lasso di tempo? · Misurare i progressi fatti: quanto è migliorato il mio processo? Ho raggiunto il target prefissato? · Identificare eventuali anomalie (Scostamenti): il mio processo è stabile? Ci sono scostamenti evidenti rispetto al target? Ci sono svariati modi per costruire i KPI, si possono utilizzare delle percentuali ricavate da un rapporto oppure un semplice numero, l’importante è comunque misurare! È famosa la frase del noto fisico e astronomo Galileo Galilei, che comprendeva perfettamente l’importanza del monitoraggio: “Misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è”. Ci sono svariati esempi di KPI utilizzati per la gestione aziendale, da quelli che si applicano alla gestione delle consegne ai clienti (come “On Time Delivery” o il tempo medio di ritardo), a quelli che vengono utilizzati per monitorare l’ingresso degli ordini (Numero di ordini entrati nella settimana). Ogni volta che ci si trova di fronte ad un processo, è fondamentale chiedersi “Come possiamo misurarlo?”.
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MIZUSUMASHILa parola giapponese “Mizusumashi” viene utilizzata per indicare un particolare tipo di asservitore, ovvero colui che si occupa del Milk Run. Il Mizusumashi si differenzia rispetto ad un normale asservitore in quanto i suoi passaggi nelle linee (o aree di lavoro) sono cadenzati proprio dal Milk Run per consegnare i materiali necessari alla produzione. In genere questo particolare tipo di asservitore utilizza i Logistic train, ovvero trenini elettrici in grado di trainare diversi carrelli di materiale, sganciabili in maniera agevole. Ogni carrello rappresenta una specie di “vagone” contenente materiali e componenti necessari alle linee per la produzione: il numero di carrelli collegati ad un unico trenino dipende dal numero di linee da asservire e dalla quantità di componenti. Come è possibile intuire, questo sistema aumenta la flessibilità e la sicurezza rispetto ai classici carrelli elevatori: i Logistic Train facilita le operazioni del Mizusumashi in quanto, una volta raggiunta la linea, basta sganciare il carrello di riferimento per effettuare la consegna. #Lean #LeanManufacturing #Kaizen #GlossarioKaizen #KaizenGlossary #Mizusumashi
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MUDAI Muda fanno parte delle “3 MU” giapponesi: Mura, Muri, Muda. Il termine Muda viene inteso proprio come “perdita”, “spreco” o “inefficienza”. Ma cosa indicano questi termini in un contesto industriale? Le attività produttive sono generalmente formate da una serie di processi, che servono per generare un prodotto dalle materie prime in input. Questi processi possono essere pensati come una linea immaginaria che parte dal fornitore, passa per l’azienda e arriva infine al cliente. All’interno di questa “linea” vengono svolte determinate attività, al fine di trasformare o di generare un servizio che soddisfi il cliente: alcune di queste attività vengono definite “Attività a valore aggiunto” in quanto aggiungono valore al prodotto, altre invece non aggiungono nessun tipo di valore e vengono definite “Attività a non valore aggiunto”. Con il termine Muda viene di fatto definito tutto ciò che non porta valore al cliente, e che di conseguenza risulta essere una perdita. I “Muda” risultano essere la categoria più delicata e più pericolosa quando si verificano in un ambito industriale, in quanto la maggior parte delle volte portano al verificarsi delle altre 2 “Mu”, ovvero Muri e Mura. Per questo motivo è risultato indispensabile identificare ancor più nel dettaglio questa categoria, che nel pensiero Lean è suddivisa in 7 tipi di sprechi: 1. Trasporto; 2. Stock; 3. Movimento; 4. Attesa; 5. Sovrapproduzione; 6. Difetti; 7. Processo. Il trasporto è uno spreco perché trasferire un prodotto da un posto ad un altro significa rischiare che si danneggi, che venga smarrito, che possa subire ritardi, e produce dei costi che non portano valore aggiunto al cliente. In ambito produttivo il trasporto lo si vede in continuazione: dal collega che trasferisce i componenti sul bordo linea, all’operatore della linea che li sposta da una scaffalatura al banco di lavoro. Ragionando sulle quelle che sono le attività a valore aggiunto, il trasporto sicuramente non è tra queste: un operatore che trasporta un prodotto o un componente non sta aggiungendo nessun valore al prodotto finale, in quanto non sta eseguendo alcuna operazione su di esso. Anche i materiali in stock sono un problema perché se sono fermi non producono guadagno e non portano benefici al cliente, inoltre presentano lo stesso problema dei materiali trasportati ovvero si possono danneggiare: basti pensare a dei prodotti finiti che vengono accumulati in magazzino in attesa di essere venduti, rischiando di essere danneggiati ogni giorno. Inoltre quando il livello delle scorte è alto nessuno ha la capacità di vedere i problemi, mentre quando il livello delle scorte viene ridotto emergono subito i problemi ed è possibile in questo modo intervenire su di essi. Utilizzando questa logica l’azienda può trovare soluzioni a molti problemi che prima erano nascosti, risparmiando denaro e continuando a migliorarsi giorno dopo giorno. Muda di movimento non è da confondere con muda di trasporto. Mentre lo spreco di trasporto considera i materiali e i componenti, quello di movimento riguarda solamente l’uomo e prende in considerazione tutte quelle azioni che comportano spostamenti non necessari. Una persona che cammina per andare a prendere un componente non porta alcun valore al cliente. Inoltre movimenti particolari possono generare problemi anche a livello ergonomico (Muri) e possono comportare dei rischi per la salute. Se ci si ferma ad osservare un collega mentre esegue delle operazioni sul prodotto, si noterà che le azioni che apportano davvero valore durano pochi secondi, mentre il resto del tempo viene utilizzato per prelevare i componenti o per posizionare il prodotto finito. Le attese sono tra gli sprechi più semplici da individuare: se un lavoratore sta aspettando un componente o che il prodotto finisca una lavorazione, non sta apportando alcun valore aggiunto. In questo caso il flusso si ferma ma tutti i costi continuano ad aumentare, questo significa che il cliente sta pagando ma che il prodotto finito non esce dalla linea. La maggior parte delle volte un operatore si ferma perché la linea di produzione è sbilanciata, mancano dei componenti oppure i macchinari non sono disponibili. È necessario prestare massima attenzione a questo tipo di spreco quando si analizzano operazioni di assemblaggio, in quanto l’operatore potrebbe avere dei momenti in cui lavora molto intensamente e altri in cui è completamente fermo, in attesa del prodotto. La sovrapproduzione è lo spreco più insidioso di tutti, il più pericoloso, poiché comporta tutti gli altri Muda. Produrre più di quanto è richiesto genera tutti gli altri tipi di sprechi (stock, trasporto, movimenti ecc) e comporta l’immobilizzazione del capitale. Questo tipo di spreco è molto difficile da spiegare ad un supervisore di una linea produttiva e di un reparto, in quanto per lui la sovrapproduzione è un’ancora di salvezza in caso di assenteismo, di guasti dei macchinari e di pezzi non conformi, di conseguenza producendo di più si sente “al sicuro”. Produrre di più del dovuto comporta un consumo ulteriore di materie prime, un impiego aggiuntivo di personale e di servizi, un’aggiunta di macchinari e una richiesta di maggiore spazio per le scorte. Il fatto che i difetti siano una perdita è intuitivo, in quanto prodotti non conformi o mancanze nel servizio portano il cliente a non accettare il prodotto e comportano ulteriori rilavorazioni e correzioni, che si traducono in perdita di tempo e di denaro. Più in generale, i difetti bloccano la produzione e comportano costose rilavorazioni o, nel peggiore dei casi, lo scarto completo del prodotto. Nel caso di macchine automatiche, è fondamentale assegnare del personale che ne controlli il corretto funzionamento e che le fermi immediatamente nel caso si stiano verificando delle non conformità. In questo contesto, i giapponesi utilizzano il termine “Jidoka” per indicare quei dispositivi che hanno il compito di fermare la macchina in caso venga prodotto un pezzo difettoso. L’ultimo spreco rimasto da analizzare è quello di processo, intendendo tutti quei processi che sono inefficienti, che creano rallentamenti nel flusso o che comportano difetti. È importante che questi processi vengano monitorati e, se necessario, eliminati. Gli sprechi di lavorazione spesso sono conseguenza dei difetti di sincronizzazione dei processi. Per spiegare meglio questo concetto è possibile pensare a questo breve esempio di una fabbrica di apparecchi telefonici in cui si assemblano su due linee distinte i microtelefoni e i corpi principali, che vengono poi uniti nelle fasi di montaggio finali. Durante il trasporto verso l’ultima fase, i microtelefoni vengono protetti con una pellicola antigraffio per evitare difetti estetici: se le due linee fossero state progettate l’una attaccata all’altra non ci sarebbe stato bisogno di tutta l’operazione di avvolgimento dei microtelefoni nelle pellicole, e questo avrebbe comportato meno tempo per le operazioni. È importante sottolineare come i 7 tipi di Muda non siano sconnessi l’uno dall’altro, ma come invece siano tutti collegati. Capita spesso infatti di osservare uno spreco e a primo impatto di definirlo in una delle 7 tipologie, ma con un’analisi più approfondita ci si può rendere conto che quel singolo spreco può in realtà contenerne altri tipi.
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LEAN MANUFACTURINGSempre più spesso nel mondo industriale si sente parlare di Lean Manufacturing o di Lean Production, ma cosa si intende di preciso con il termine Lean? La filosofia Lean nacque grazie a Toyota e venne in seguito conosciuta in tutto il mondo grazie al libro “The Machine that changed the World” di James P. Womack e Daniel T. Jones, pubblicato nel 1991. Il termine Lean significa “snello”: la produzione snella infatti è una filosofia produttiva che si concentra sull’eliminazione degli sprechi, al fine di massimizzare ciò che porta valore al cliente, snellendo i processi aziendali. Quando si parla di sprechi nel pensiero Lean si fa riferimento alla parola “Muda”, un termine giapponese che fa parte delle “3 MU”: Mura, Muri, Muda. Il pensiero snello (Lean Thinking) si basa su 5 step fondamentali: Identificare il valore: cos’è il valore per il mio cliente? Mappare il valore: qual è il flusso del valore? Come si muove il valore all’interno dei miei processi? Questo è uno dei pilastri fondamentale del Lean Thinking: il concetto di “Value Stream” ovvero del “flusso del valore”. È fondamentale avere una visione chiara di quello che è il flusso del prodotto e delle informazioni, mappandolo dall’inizio alla fine, per capire quali sono le parti più critiche a non valore aggiunto per il cliente finale. Far scorrere il flusso: una volta individuato il flusso del valore è importante farlo scorrere. In tal senso si parla di “Continuous Flow” ovvero “Flusso continuo”: si contrappone alla logica classica della produzione a lotti, sposando la logica del “One-piece flow” (flusso ad un solo pezzo). Fare in modo che il cliente tiri: il cliente deve “tirare” il valore. In questo caso si parla di Produzione Pull, in contrasto con la produzione Push: mentre quest’ultima prevede la “spinta” e quindi la gestione dei processi in anticipo rispetto al cliente, la seconda prevede la “trazione”, ovvero una gestione della produzione governata solamente dalla domanda del cliente. Ripartire da capo e perfezionare: continuare a migliorarsi, non commettere l’errore di considerarsi arrivati. È a questo punto che il pensiero snello abbraccia la filosofia Kaizen. Ovviamente obiettivi di questo tipo inizialmente sembrano impossibili da raggiungere, ma fortunatamente la Lean prevede una serie di tecniche e di strumenti utili al raggiungimento della perfezione. È importante tenere presente che tali strumenti sono semplicemente un supporto a quello che è il mondo della Lean Production: prima di iniziare è fondamentale che tutta la realtà aziendale sia consapevole del sentiero che si è deciso di intraprendere e che ci sia totale convinzione sull’efficacia del “Lean Thinking”. Le persone devono essere messe al centro, in quanto sono il vero motore del cambiamento aziendale. Le tecniche di analisi e di implementazione più utilizzate sono le seguenti: Value Stream Mapping (VSM) Qualità alla fonte 5S; Total Productive Maintenance (TPM) Visual Management SMED One-piece-flow Standard Work Produzione livellata (Heijunka); Kanban Questi strumenti sono fondamentali per l’implementazione del sistema Just-In-Time (JIT).
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MURIMuri fa parte delle “3 MU” giapponesi: Mura, Muri, Muda. Muri indica tutto ciò che può generare problemi a livello ergonomico e più in generale indica l’eccesso. Il termine giapponese indica appunto “sovraccarico” oppure “condizione al limite della resistenza”, sia che si parli di operatori sia che si parli di macchinari. Nella filosofia Lean, se si osserva una linea e si nota un collega affaticato dal troppo lavoro o si ode un macchinario stridere significa che è presente del carico eccessivo e di conseguenza è necessario intervenire per ridurre Muri. Riducendo tutto ciò che comporta Muri si ottengono dei grossi vantaggi: Miglioramento del morale dei dipendenti e conseguente riduzione dell’assenteismo Miglioramento della produttività Miglioramento della qualità Come implementare un approccio rivolto alla riduzione di Muri? A seconda del contesto e del tipo di attività ci sono diverse strategie che aiutano a ridurre i sovraccarichi, ma ognuna di queste si basa sul coinvolgimento degli operatori e sulla standardizzazione. Non dimentichiamoci poi che l’eccesso non si genera solamente in produzione. Come Mura e Muda, anche Muri può essere individuato all’interno degli uffici, tra le varie funzioni aziendali: quantitativi eccessivi di mail in attesa, documenti impilati sulla scrivania e carichi di lavoro che obbligano agli straordinari sono solo alcuni dei tipici esempi di Muri che si possono individuare nelle attività d’ufficio.
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ONE PIECE FLOWIl termine “One-Piece Flow” significa letteralmente “Flusso a un pezzo”, più comunemente conosciuto come “𝗙𝗹𝘂𝘀𝘀𝗼 𝗮 𝘀𝗶𝗻𝗴𝗼𝗹𝗼 𝗽𝗲𝘇𝘇𝗼”. È una metodologia di produzione che si contrappone alla classica logica di produzione a lotti: 𝙡𝙖 𝙡𝙤𝙜𝙞𝙘𝙖 ❞𝙊𝙣𝙚 𝙋𝙞𝙚𝙘𝙚 𝙁𝙡𝙤𝙬❞ 𝙥𝙧𝙚𝙫𝙚𝙙𝙚 𝙙𝙞 𝙥𝙧𝙤𝙙𝙪𝙧𝙧𝙚 𝙪𝙣 𝙥𝙚𝙯𝙯𝙤 𝙖𝙡𝙡𝙖 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙖 𝙞𝙣 𝙢𝙤𝙙𝙤 𝙙𝙖 𝙧𝙞𝙙𝙪𝙧𝙧𝙚 𝙖𝙩𝙩𝙚𝙨𝙚 𝙚 𝙒𝙄𝙋 𝙩𝙧𝙖 𝙞 𝙫𝙖𝙧𝙞 𝙥𝙧𝙤𝙘𝙚𝙨𝙨𝙞. Questo si traduce in una riduzione del Lead Time. Nella logica a lotti ogni processo attende di aver completato l’intero lotto prima di trasferire il prodotto al processo a valle: questo comporta tempi di attesa elevati, scorte eccessive che occupano spazio e un aumento delle movimentazioni. Nella logica “One Piece Flow”, il singolo pezzo viene subito passato alla stazione successiva una volta completata la lavorazione: in questo caso il primo pezzo “uscirà” molto prima dalla linea rispetto alla logica a lotti, in quanto non dovrà attendere gli altri pezzi per essere lavorato dalle stazioni successive. Il Lead Time si riduce notevolmente applicando questa logica. 𝑸𝒖𝒂𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒊 𝒗𝒂𝒏𝒕𝒂𝒈𝒈𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍’𝒊𝒎𝒑𝒍𝒆𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒊 𝒖𝒏 𝒇𝒍𝒖𝒔𝒔𝒐 𝒂 𝒔𝒊𝒏𝒈𝒐𝒍𝒐 𝒑𝒆𝒛𝒛𝒐❓ 📉 Riduzione WIP e conseguente aumento dello spazio disponibile nel plant 📉 Riduzione delle attese 📈 Miglioramento della qualità (“ispezione” pezzo per pezzo)
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MURAMura fa parte delle “3 MU” giapponesi: Mura, Muri, Muda. Il termine “Mura” indica la variabilità, ovvero quando la regolarità delle operazioni viene disturbata da determinati fattori che ne impediscono un avanzamento costante. Per chiarire al meglio questo aspetto basta pensare ai pezzi in lavorazione, alla schedulazione e alle attività quotidiane: se una postazione di lavoro presenta più carico di lavoro rispetto a quelle a valle ne risulterà che gli operatori dovranno modificare le loro operazioni per adattarsi alla postazione più lenta. Un chiaro esempio di variabilità in un contesto produttivo è quella generata dalla domanda del cliente: se questa è molto variabile allora la maggiora parte delle volte sarà necessario tenere una quantità di scorte di sicurezza più elevata, per “proteggersi” dalle oscillazioni. Nel contesto di linee produttive, la variabilità si manifesta quando i carichi di lavoro tra le varie postazioni sono sbilanciati, a causa di una mancanza di standardizzazione: questo genera prestazioni variabili e una conseguente prestazione non costante della qualità del prodotto. Questi sono soltanto due dei tanti esempi di variabilità che si possono individuare all’interno di un contesto aziendale, sia che si parli di produzione, sia che si parli di uffici. In tal senso è bene ricordarsi che “La variabilità è il nemico della produzione”. La variabilità si contrappone al concetto di stabilità, che rappresenta le fondamenta del tempio del Toyota Production System: per ottenere un sistema efficiente, in grado di sostenere le attività di miglioramento, è di vitale importanza ridurre il più possibile tutto ciò che porta variabilità nel processo.
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OPLIl termine OPL è in realtà un acronimo che indica “One Point Lesson”, ovvero “Lezione in un punto”: è infatti uno strumento che viene utilizzato per trasmettere informazioni in modo visual e snello. Gli OPL vengono utilizzati per creare Standard che siano velocemente comprensibili e di facile ….. Per raggiungere questo scopo in genere si seguono 3 principi fondamentali: 1. Utilizzare un singolo foglio A4: obbliga chi lo costruisce ad inserire solo le informazioni strettamente necessarie (evitando inutili sprechi) e facilita la “gestione” di chi lo utilizza 2. Utilizzare la modalità “Yes/No” o “Right/Wrong”: velocizza il processo di comprensione in quanto il cervello percepisce in maniera più chiara la corretta modalità di esecuzione, mettendola in relazione con quella sbagliata. Utilizzare i colori Verde/Rosso per enfatizzare le due opzioni 3. Utilizzare il principio “No Words”: sforzarsi di spiegare il concetto tramite le immagini e utilizzare meno parole possibili, in modo da velocizzare ulteriormente il passaggio di informazioni (il cervello elabora le immagini molto più velocemente delle parole) Gli OPL possono essere utilizzati ogni volta che c’è la necessità di trasmettere un’informazione velocemente, infatti i campi di applicazione sono pressoché infiniti (qualità, sicurezza, gestione macchine…).
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PDCACiclo di Deming (PDCA) Il Ciclo di Deming (PDCA) è stato sviluppato negli anni ‘50 da William Edwards Deming ed è un approccio al problem solving che promuove una cultura della qualità tesa al miglioramento continuo. Questa tecnica ha diversi campi di applicazione, a partire dalla gestione della qualità fino al Project Management: può essere utilizzata per definire le attività da eseguire e per tenere traccia dei progressi. Il Ciclo di Deming viene anche definito PDCA, in quanto si compone di 4 passaggi fondamentali: Plan - Pianificare. Identificazione e analisi del problema o della nuova opportunità, sviluppo di ipotesi su quale possano essere i possibili problemi e scelta di quello da testare. Do - Fare. Testare la soluzione potenziale e misurare i risultati. Check - Controllare. Studiare i risultati, misurarne l’efficacia e decidere se è possibile supportare l’ipotesi analizzata. Act – Standardizzare. Se la soluzione funziona, implementare la standardizzazione. Non confondere il termine “Act” con l’agire, il fare: questa fase indica invece la definizione dello standard della soluzione implementata. Perché si dice che è una tecnica “tesa al miglioramento continuo”? Le attività che apriamo come PDCA ci permettono di fatto di apportare dei miglioramenti ai processi, ai prodotti o ai servizi. Più in generale i PDCA ci consentono di passare “da uno stato ad un altro”, compiendo quel balzo spinto dalla mentalità Kaizen. Non dimentichiamoci poi che lo standard consente di fissare questo nuovo stato, per consentire un nuovo balzo in avanti. #Lean #LeanManufacturing #Kaizen #GlossarioKaizen #KaizenGlossary #PDCA
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STANDARD WORKIl tempio del Toyota Production System richiede delle fondamenta stabili e ciò è raggiungibile tramite l’applicazione di tre concetti chiave fondamentali: Kaizen, Standard ed Heijunka. Con il termine Standard Work (o Standardized Work) si indica la standardizzazione, che ha come fine ultimo la riduzione della variabilità, in modo da generare ripetibilità e stabilità all’interno dei processi. Chi si occupa di Standard Work deve documentare il processo, conoscere tutte le sue fasi ed essere in grado di descriverle in maniera adeguata. Per questo motivo le 3 parole chiave fondamentali della standardizzazione sono: Work In Process (WIP), sequenze operative e tempo ciclo. Non dimentichiamoci mai che la concezione che ha Toyota per lo Standard è totalmente diversa da quella classica: Toyota utilizza sempre un approccio Human-Centered (persona al centro) e focalizzato sul coinvolgimento delle persone per la realizzazione degli standard operativi. Le conseguenze di questo tipo di approccio sono evidenti: aumenta la motivazione e il morale degli operatori, in quanto vengono coinvolti, contribuiscono, condividono e creano collaborazione nel team. Altri risultati evidenti della standardizzazione riguardano l’aumento della sicurezza, dell’ergonomia, della produttività e della qualità. In definitiva, che si parli di prodotti o servizi, è possibile definire lo standard come il modo migliore per eseguire un lavoro, fino al prossimo miglioramento. Cosa si intende con quest’ultima definizione? Mentre da un lato potrebbe sembrare che Kaizen e Standard siano in antitesi tra di loro, dall’altro ci si rende conto che sono perfettamente bilanciati. Possiamo utilizzare una frase per chiarire meglio questo concetto: “Improvement needs standardization, and standardization needs improvement”. Lo stesso Taiichi Ohno sosteneva infatti che è impossibile ottenere un miglioramento senza standardizzazione. La chiave del binomio Kaizen-Standard sta nel fatto che il processo di miglioramento ha bisogno di stabilizzare la situazione attuale per essere attuato, altrimenti si perdono di vista i progressi e gli obiettivi finali. Allo stesso modo, una volta implementato il miglioramento, è fondamentale standardizzarlo per impedire che si torni alla situazione precedente. Lo Standard Work deve essere un obiettivo fondamentale per un’azienda. Ancora oggi Toyota continua a perfezionare i suoi Standard Work, perché l’obiettivo sarà sempre l’ottimizzazione: obiettivo che tende al miglioramento continuo. #Lean #LeanManufacturing #Kaizen #GlossarioKaizen #KaizenGlossary #Standard #StandardWork #Standardized
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POKA YOKE“Pokayoke” è un termine giapponese che significa “𝗮 𝗽𝗿𝗼𝘃𝗮 𝗱𝗶 𝗲𝗿𝗿𝗼𝗿𝗲” e identifica una tecnica utile ad impedire il verificarsi di errori. Possiamo trovare 𝗲𝘀𝗲𝗺𝗽𝗶 𝗱𝗶 𝗽𝗼𝗸𝗮𝘆𝗼𝗸𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶, ne riportiamo due in particolare: Le 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲 𝗨𝗦𝗕 𝗲 𝗛𝗱𝗺𝗶 consentono l’inserimento da un unico lato Le 𝘀𝗰𝗵𝗲𝗱𝗲 𝗦𝗜𝗠 presentano un “taglio” in uno degli angoli che impedisce l’inserimento nella direzione sbagliata 𝗠𝗮 𝗰𝗼𝘀’𝗲̀ 𝘂𝗻 𝗣𝗼𝗸𝗮𝘆𝗼𝗸𝗲 I dispositivi Pokayoke (a prova di errore) rilevano ed evitano gli errori, l’obiettivo di questi sistemi è proprio quello di evitare i difetti dovuti agli errori umani. Per questo motivo, dovrebbero essere 𝗽𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝘁𝗶 𝗶𝗻 𝗼𝗽𝗲𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗰𝗵𝗶𝗮𝘃𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼, al fine di garantire zero difetti e aumentare la qualità dei prodotti. Il caso tipico di implementazione di Pokayoke si ha quando vengono implementate delle 𝗱𝗶𝗺𝗲 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗼𝗽𝗲𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝘀𝘀𝗲𝗺𝗯𝗹𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼, in modo che l’operatore sia agevolato nell’individuare la posizione corretta dei componenti. A volte è possibile 𝗶𝗺𝗽𝗹𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲 𝘀𝗼𝗹𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗮 𝗯𝗮𝘀𝘀𝗼 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗼, anche con l’aiuto del visual management: in tal caso si possono utilizzare i colori per identificare diverse famiglie di componenti o per codificare diversi tipi di lubrificante dedicati a parti specifiche delle macchine. Possiamo di fatto dire che i punti chiavi per creare Pokayoke efficaci sono… 𝗖𝗿𝗲𝗮𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁𝗮̀ 𝗲 𝗶𝗻𝗴𝗲𝗴𝗻𝗼
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SHU HA RIIl termine “Shu Ha Ri” è la composizione di tre parole giapponesi che indicano il modello di ddetrmento, apprendimento e crescita delle persone in Toyota. Questo termine non è stato inventato da Toyota, deriva infatti dalle arti marziali giapponesi ed è costituito da un percorso circolare di apprendimento che permette all’allievo di consolidare le basi per poi arrivare alla maestria. È fondamentale in tal senso la presenza di un Sensei che accompagna l’allievo nel percorso. Quali sono le fasi di questo percorso? Ci vengono indicate proprio dalle tre parole che compongono il termine: 1. Shu (“proteggere”): in questa fase l’allievo impara i fondamentali ripetendoli in modo standardizzato. Il Sensei guida l’allievo insegnando le basi e proteggendolo dai fallimenti, mantenendo la responsabilità delle azioni e dei risultati dell’allievo 2. Ha (“staccarsi”): in questa fase l‘allievo ha maggiore libertà di praticare senza supervisione del Sensei. Può applicare le regole in modo più creativo, pur rispettando gli standard. 3. Ri (“libertà di creare”): è la fase della creatività dell’allievo. Ora può contare su solide basi, diventate ormai della sua cultura, e può sperimentare e migliorare gli standard. l Sensei supervisiona l’allievo nel percorso di Shu Ha Ri: egli passa dall’essere “insegnante”, ad essere “supervisore” fino a diventare “consigliere” nell’ultima fase.
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SMARTÈ un termine utilizzato nel Project Management (Gestione dei progetti) per indicare un criterio utile a definire in maniera puntuale l’obiettivo di un progetto. La definizione degli obiettivi è uno degli step fondamentali della gestione dei progetti: molti progetti di fatto falliscono perché l’obiettivo non era stato definito in modo chiaro dalle parti interessate! Un obiettivo chiaro e ben definito facilita non solo la pianificazione, ma anche il controllo di qualsiasi progetto. Come possiamo definire gli obiettivi nel modo più corretto possibile? In questo caso ci viene in aiuto il criterio SMART. È un acronimo che definisce quali devono essere le caratteristiche di un obiettivo: · S: Specifico. Non deve lasciare spazio all’interpretazione · M: Misurabile. Deve essere possibile utilizzare dei KPI per misurare l’avanzamento · A: Appetibile. Deve essere accettato dal team e deve essere sfidante · R: Realistico. Non deve essere utopico, altrimenti il morale del team calerà · T: Time defined (Definito nel tempo). Deve avere una chiara definizione temporale “Raggiungere una buona forma fisica” non è un obiettivo SMART (cosa significa forma fisica? Come la misuriamo? Entro quando?), mentre definire “Pesare 75 kg entro il 7 luglio” è un obiettivo SMART: abbiamo specificato il target, definito le metriche e le tempistiche.
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SPAGHETTI CHARTIl termine significa “Grafico a spaghetti” ed identifica uno strumento lean per evidenziare gli sprechi. Grazie al suo 𝗰𝗮𝗿𝗮𝘁𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗽𝘂𝗿𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 ❞𝗩𝗶𝘀𝘂𝗮𝗹❞, questo strumento permette di individuare facilmente i muda all’interno di un processo, in particolare quelli di movimento e di trasporto. Per costruire una Spaghetti Chart si utilizza un layout dell’area, prestando attenzione nell’evidenziare le posizioni dei banchi di lavoro, dei materiali e delle attrezzature. In seguito è fondamentale l’osservazione in quanto gli spostamenti eseguiti dall’operatore devono essere riportati sul layout sottoforma di linee: ogni linea corrisponde ad un movimento svolto dall’addetto. Più numerosi saranno i passaggi svolti, più la mappatura ricorderà un…piatto di spaghetti! Alcuni dei suoi 𝘃𝗮𝗻𝘁𝗮𝗴𝗴𝗶 sono: ✅È 𝘃𝗶𝘀𝘂𝗮𝗹: permette di visualizzare il flusso di lavoro in modo chiaro e semplice ✅Permette di 𝗶𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝗱𝘂𝗮𝗿𝗲 𝗲 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗶 𝗺𝘂𝗱𝗮 𝗱𝗶 𝗺𝗼𝘃𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗲 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼: Per rendere ancora più efficace l’analisi possiamo tenere traccia dei metri percorsi e dei passi eseguiti dall’addetto ✅𝗣𝗿𝗼𝗺𝘂𝗼𝘃𝗲 𝗶𝗹 𝗰𝗼𝗶𝗻𝘃𝗼𝗹𝗴𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝗲𝗮𝗺: coinvolge il team nel processo di miglioramento, dando loro una visione più chiara dei problemi dell’area di lavoro ✅Aiuta ad 𝗶𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝗱𝘂𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝗰𝗮𝘂𝘀𝗲 𝗱𝗶 𝗯𝗹𝗼𝗰𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗳𝗹𝘂𝘀𝘀𝗼: una mappatura di questo tipo mette in risalto gli ostacoli che impediscono al flusso di scorrere.
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SUPERMARKETIl termine Supermarket indica un’area adibita al prelievo delle scorte e dei componenti, ma non dobbiamo pensare al classico magazzino. Questo sistema di stoccaggio è stato ideato dal padre del TPS, Taiichi Ohno, durante una visita negli Stati Uniti. Richiama proprio il funzionamento dei grandi supermercati americani, nei quali il rifornimento dello scaffale viene stimolato dal consumo del bene: nascono così Kanban e Supermarket. Il Supermarket la trasposizione fisica di ciò che abbiamo dimensionato attraverso la tecnica Kanban: grazie all’applicazione delle formule si identifica un certo numero di cartellini, che equivalgono a determinati contenitori di cui conosciamo l’ingombro e di conseguenza sappiamo l’ingombro preciso delle giacenze nel nostro Supermarket. È fondamentale tenere presente che il Supermarket è un’area adibita allo stoccaggio delle sole scorte gestite con la tecnica Pull Kanban: non è prevista la gestione in Supermarket per tutte le altre tipologie di approvvigionamento. Il Supermarket ha diversi vantaggi, che lo differenziano dai normali magazzini a cui siamo abituati: · Agevola il Picker (cliente) nella fase di prelievo · Permette un accesso facile (collocazione a livello terra) · Ogni componente ha una posizione fissa (standardizzazione) · Gestione visual dell’approvvigionamento · Permette di rilevare anomalie sulle giacenze in modo visual · Gestione a gravità grazie a rulliere inclinate · Garantisce il principio FIFO · Facile gestione: contenitori piccoli, rollers e carrelli Di conseguenza un supermarket consente un prelievo dei componenti estremamente facile.
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WIPCon il termine Work In Process (WIP) si identificano tutti quei prodotti che sono in lavorazione o in attesa di lavorazione, all’interno di un ciclo produttivo. Nella linea di assemblaggio qui sotto il WIP è uguale a 9, perché vi sono 9 prodotti «in lavorazione». Perché è importante parlare di “Work In Process”? Perché maggiore è il WIP, maggiore sarà il Lead Time. Solitamente per spiegare questo concetto si utilizza la Legge di Little, secondo cui il Lead Time è proporzionale al WIP e al Tempo Ciclo della linea. La formula è la seguente: Lead Time=WIP×TC Dove WIP indica tutti i prodotti che sono in lavorazione o in attesa di essere lavorati, mentre TC indica il Tempo Ciclo, dato dalla stazione con il tempo più elevato (collo di bottiglia). È chiaro quindi che se il WIP aumenta, aumenterà anche il Lead time. Nell’esempio sottostante, per ricevere il prodotto 8 il cliente dovrà aspettare 480 minuti: È quindi estremamente importante tenere sott’occhio le quantità di materiale in lavorazione all’interno di un ciclo produttivo, perché potrebbe comportare un aumento anche elevato del Lead Time. Lo stesso vale per gli uffici: documenti che si accumulano in attesa di lavorazione, mail che attendono una risposta…sono tutti esempi di Work In Process all’interno degli uffici. #Lean #LeanManufacturing #Kaizen #GlossarioKaizen #KaizenGlossary #WorkInProcess #WIP
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TAKT TIMEIl termine Takt Time indica il tempo da rispettare per soddisfare la richiesta del cliente ed è un indicatore fondamentale per implementare le logiche Pull e Just-In-Time. Nella logica Pull infatti la produzione è “tirata” dalla domanda del mercato, dal cliente: per questo motivo è nata la necessità di dare un ritmo alla produzione basato proprio sulle richieste. Il termine “Takt” è di origine tedesca è significa ritmo o battito: l’indicatore funziona come un direttore d’orchestra che scandisce il ritmo della produzione traducendo la richiesta del mercato in un intervallo di tempo costante. Il Takt Time, infatti, viene calcolato tramite il rapporto tra il tempo disponibile e la richiesta del cliente: l’unità di misura che si ottiene è min/pz (minuti per pezzo) o sec/pz (secondi per pezzo). Se abbiamo a disposizione 8 ore lavorative al giorno e la richiesta è di 80 pezzi al giorno, otterremo un Takt Time di 6 min/pz: questo significa che per soddisfare la richiesta dobbiamo produrre un pezzo ogni 6 minuti. Se il nostro tempo ciclo è maggiore del Takt Time non riusciremo a soddisfare ciò che viene chiesto dal cliente. Attenzione anche al caso inverso: se il nostro tempo ciclo è di molto inferiore rispetto al Takt Time soddisferemo la richiesta ma faremo sovraproduzione e scorte (muda!). L’obiettivo è di allineare i nostri tempi ciclo con la richiesta del cliente, ovvero con il Takt Time.
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TEMPIO TPSL’acronimo TPS sta ad indicare il Toyota Production System, il sistema produttivo nato grazie all’intuito di Taiichi Ohno, ingegnere presso Toyota nel secondo dopoguerra che ha gettato le basi per il Lean Thinking. Il Toyota Production System si fonda su alcuni principi fondamentali, che vengono ben espressi da quello che viene definito “Tempio del Toyota Production System” o “Tempio TPS”. Il tetto del tempio rappresenta la soddisfazione del cliente finale ed è solitamente rappresentato dagli obiettivi finali di Toyota, ovvero gli obiettivi QCD: Quality: una qualità più elevata del prodotto Cost: costi ridotti Delivery: Lead time ridotti con conseguenti consegne più veloci Il tetto poggia su due colonne, che rappresentano i due pilastri fondamentali del Toyota Production System in quanto permettono il raggiungimento degli obiettivi finali: Jidoka e Just-In-Time. Infine, l’intero tempio non potrebbe esistere se non poggiasse su fondamenta solide e stabili: la variabilità (mura) genera movimenti indesiderati nel sistema e non permette lo scorrere del “flusso”, per questo motivo si cerca di ridurla il più possibile stabilizzando le fondamenta tramite Standard Work, Kaizen ed Heijunka.
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VALUE STREAM MAPPINGQual è il flusso del valore? Come si muove il valore all’interno dei nostri processi? Questo è uno dei pilastri fondamentali del Lean Thinking: il concetto di “Value Stream” ovvero del “flusso del valore”. È fondamentale avere una visione chiara di quello che è il flusso del prodotto e delle informazioni, mappandolo dall’inizio alla fine, per capire quali sono le parti più critiche a non valore aggiunto per il cliente finale. Il termine Value Stream Mapping significa proprio Mappatura del flusso del valore. È stato messo a punto da Toyota negli anni ‘80 ed utilizzato con il nome di Material and information Flow Mapping (Mappatura del flusso delle informazioni e dei materiali). Ad oggi viene utilizzato in numerose realtà per comprendere i flussi e progettarne di nuovi, più snelli ed in linea con i propri obiettivi. La VSM è l’insieme di tutte le azioni, sia a valore aggiunto che non, necessarie per trasformare una generica materia prima in un prodotto finito. L’obiettivo è mappare tutto il flusso del valore, dal momento dell’arrivo di un ordine da parte del cliente, fino alla consegna del prodotto o del servizio. Nelle applicazioni di questi principi va però sottolineata l’importanza di distinguere tra quelli che sono i risultati, ed il processo che porta ai risultati. È cioè evidente come un sistema di Lean Production vada ben oltre la mera applicazione di tecniche o strumenti definiti «snelli» (Kanban, 5S…) ed allo stesso modo non possa essere realizzato banalmente copiando soluzioni di altre aziende o realtà. Esso, infatti, deve essere interpretato come il risultato di un cambiamento profondo della mentalità aziendale e può essere realizzato unicamente dalle persone dell’azienda, applicando direttamente i principi alla propria realtà. Solo in questo modo, infatti, attraverso una consapevolezza ed una condivisione delle scelte, il miglioramento può ambire ad essere duraturo e sostenibile. La VSM viene rappresentata solitamente in forma grafica, tramite una serie di icone e simboli condivisi. Le varie icone vengono presentate come raggruppate sotto 3 principali categorie tematiche: simboli di processo, simboli di materiali e simboli di informazioni. Oltre al Lead Time di produzione, un indicatore spesso usato nelle attività di mappatura è rappresentato dall’indice di flusso, ottenibile dalla seguente formula: Indice di flusso = Lead time di produzione / Tempo di processo Dove per «tempo di processo» è intesa la sommatoria di tutti i tempi relativi a processi riscontrabili lungo il flusso. Utilizzando questa formula, è facile intuire che più l’indice di flusso è piccolo migliore risulta essere il flusso: più l’indice si attesta su valori tendenti ad 1 e meno Muda sarà presente in attraversamento (stock, attesa…). Le fasi di un’attività di Value Stream Mapping generalmente sono 6: Selezionare una famiglia di prodotti Definire il VSM Team Eleggere un Value Stream Manager Sviluppare la “Current State Map” Sviluppare la “Future State Map” Sviluppare un piano di implementazione
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VISUAL MANAGEMENTUno degli aspetti che caratterizzano il Toyota Production System è il “controllo a vista”. La fabbrica con controllo a vista viene chiamata VISUAL FACTORY e in essa il coordinamento e il controllo delle attività avvengono attraverso segnali che sostituiscono i tradizionali processi gerarchici. La comunicazione di stati ed eventi è affidata a mezzi di facile e immediata comprensione, ovvero a riferimenti visivi e strumenti di comunicazione in grado di fornire in modo immediato ed intuitivo le informazioni necessarie. Un’area di lavoro implementata secondo le logiche Visual permette di evitare agli operatori inutili perdite di tempo, fornendo loro le informazioni necessarie dove e quando ne hanno bisogno. Avere informazioni visibili è la strada più breve per passare dalla comprensione all’azione. Il Visual Management è la distribuzione di ausili visivi e dispositivi che consentono alle persone di svolgere le proprie attività quotidiane in modo più efficiente, più accurato e più sicuro. Vantaggi: Esporre gli sprechi Rendere visibili a tutti le anomalie Motivare tutti a migliorare chiarendo gli obiettivi Rendere gli standard operativi più rapidi e più comprensibili Costruire la partecipazione attraverso informazioni condivise Creare il flusso Strumenti che aiutano l’implementazione del visual management sono: visual control boards, Andon, footprints, segnaletica e shadow board. Il Visual Control Board è un sistema di controllo visivo fisico con codice colore utilizzato per il monitoraggio delle attività e dei KPI. Solitamente si utilizzano delle lavagne o dei tabelloni, su cui vengono affisse tutte le informazioni. Vengono utilizzati come centri di controllo delle comunicazioni e degli attivatori (5S, Standard Work, ecc): in questo modo il Visual Board diventa un centro di revisione e aggiornamento periodico sui progressi. L’area dedicata al posizionamento dei Visual Board può fungere da ritrovo per i meeting giornalieri. Con il termine Footprint si indicano i contrassegni sul pavimento o sull'area di lavoro che delineano specificamente dove posizionare gli oggetti. Rendono più immediate le operazioni di stoccaggio o il ritiro, evitano che le persone perdano tempo a cercare cose, il posto di lavoro è meglio organizzato, le operazioni diventano più semplici e sicure. Silhouette Boards (o Shadow Boards) sono tabelloni o semplici pannelli utilizzati per alloggiare le attrezzature di lavoro, su cui si disegnano le sagome degli oggetti. L’efficacia del Visual Management deriva dal fatto che può essere implementato rapidamente e con costi davvero ridotti.
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