Conosciamo meglio Andrea Crivellari, ingegnere meccanico specializzato in industrial management, che in Leanbet si occupa, tra le altre cose, di Value Stream Mapping, un’attività fondamentale per ogni nostra consulenza. Andrea vive ogni giorno il gemba e le sue dinamiche: qui si occupa di linee produttive, del loro efficientamento e della loro standardizzazione. È qui che accadono le cose, qui che si crea valore per il cliente. A lui abbiamo fatto alcune domande per capire come lavora e per conoscere il suo punto di vista sulle tante realtà che incontra nel suo lavoro di consulente.
Partiamo dalla tua formazione. Cosa puoi dirci?
Sono un ingegnere meccanico specializzato in industrial management e mi sono avvicinato alla lean durante la mia tesi di laurea. Ho fatto il tirocinio all’interno di un’azienda di climatizzazione e riscaldamento. In quel momento l’azienda, divenuta partner di una nota multinazionale, stava vivendo un periodo di grande trasformazione in ottica Lean. Al suo interno mi sono occupato di Standard Work e di analisi degli sprechi, facendo alcune proposte migliorative che sono poi state applicate a due linee produttive. È stata un’esperienza molto concreta, utilissima per capire le problematiche di una linea operativa e dei relativi addetti. Lo considero un successo perché il cambiamento è nato proprio dai loro suggerimenti e dalla loro collaborazione.
Di cosa ti occupi all’interno del team Leanbet?
Sono in Leanbet dall’inizio del 2020 e la maggior parte del mio tempo è dedicata alla consulenza aziendale su diversi progetti, molti dei quali partono dalla Value Stream Mapping: la ricostruzione del flusso dei materiali e delle informazioni all’interno del plant produttivo. Per questo vivo il gemba ogni giorno, dove mi occupo di linee produttive, del loro efficientamento e della loro standardizzazione.
Attorno a questa attività si sviluppa anche un’analisi dei problemi più generali dell’azienda. La nostra attività di consulenza prevede infatti un tempo di ascolto e di indagine, durante il quale ci mettiamo al servizio del cliente e dei team. L’obiettivo è far emergere anche quei bisogni che non sono ancora stati messi pienamente a fuoco, vissuti in modo inconsapevole. Tutto ciò che emerge viene condiviso col cliente, e insieme si ipotizzano le possibili soluzioni e le attività da mettere in campo.
Mi occupo anche di formazione. Quella dedicata alle aziende verte sul Kaizen e su altri aspetti della Lean: Product Management, Visual Management, Lean Thinking, FMEA e DOE, Lean Manufacturing. Faccio formazione anche presso alcuni Istituti Tecnici Superiori del Nord Italia, su una grande varietà di materie: sicurezza, metallurgia, teamwork, Excel…
Quali sono le criticità che più di frequente rilevi all’interno delle aziende? Di cosa non sono consapevoli? Cosa vedi sprecato o sottoutilizzato all’interno delle aziende?
Spesso registro un impegno di facciata nei confronti del cambiamento: i vertici aziendali pensano che possa essere delegato mentre è fondamentale partecipare al cambiamento, prenderlo in carico in modo collettivo, a qualunque livello. Questo atteggiamento discende dalla distanza che noto tra il management e il gemba, il luogo dove le cose avvengono, dove cioè si produce il valore. Questo in qualche caso è il problema dei problemi perché genera scarsa fiducia nelle persone.
Il Kaizen, invece, rovescia la piramide aziendale: la parte di management è sempre a supporto del gemba.
Altro problema è che si pensa che sia facile applicare le metodologie Lean, dimenticando ciò che vi sta alla base: il Kaizen, appunto, che ha a che vedere con la cultura aziendale. E la cultura aziendale non si copia, né esistono scorciatoie per un coinvolgimento delle persone capace di durare nel tempo.
Ci sono poi tanti sprechi: sovrapproduzione, trasporto, magazzino. Si percepiscono subito, basta mettere piede in produzione. Le aziende non se ne rendono conto per via dell’abitudine; sta a noi aiutarle a riconoscerli. Ai 7 sprechi della Lean classica ne è stato aggiunto un ottavo, che a mio parere pesa tantissimo: riguarda il non utilizzo delle abilità e dei talenti delle persone. Non considerare la parte umana dei processi è un errore gravissimo che commettono tantissime aziende.
Qual è il tuo approccio al gemba? Come ti inserisce nella realtà aziendale?
Quando entro in un’azienda, la prima preoccupazione è creare un legame con le persone, a prescindere dal fatto che siano operativi o manager. Anche fare delle pause insieme può aiutare a capire i problemi di queste persone, il loro punto di vista sull’azienda, su ciò che produce e come lo fa. Aiuta perché le persone si sentono più coinvolte e più apprezzate, e a volte le soluzioni partono proprio da loro.
Qual è l’aspetto che preferisci del tuo lavoro?
Mi piace stringere nuovi legami e sentirmi utile, sapere che sto portando valore aggiunto al cliente. Mi gratifica molto quando l’azienda inizia a capire che il nostro DNA è diverso da quello di molti altri competitor. Parlo del classico approccio da ditta di consulenza – che arriva e cala le soluzioni dall’alto, per capirci. Soluzioni spesso precotte, per inciso. Noi costruiamo il percorso insieme al cliente, mettendo in campo solo ciò che riteniamo realmente applicabile ed efficace. In questo aspetto di Leanbet mi ci ritrovo appieno.
Puoi dirci tre cose delle quali un’azienda non può fare a meno per affrontare con successo le sfide del prossimo decennio?
La prima è migliorare la gestione delle persone. Con uno slogan: più People Management e meno Project Management. Significa investire sulle persone, far capire che per loro esiste un percorso sul quale vale la pena scommettere. Ciò implica sviluppare la capacità di ascoltarle attivamente, per coglierne i talenti, i problemi, le resistenze.
Altra cosa che le aziende dovrebbero fare è non considerare il miglioramento come un tragitto che va da A a B. In ottica Kaizen non c’è un vero traguardo ma una serie di gradini, anche piccoli, ma infiniti. Se un’azienda smette di migliorare è inevitabile che prima o poi si ritrovi ai margini del mercato.
Infine, un’azienda dovrebbe puntare sulla formazione continua. È il modo migliore per non sentirsi mai arrivata, e dimostrarlo coi fatti.
Perché lavorare in Leanbet? Qual è il valore aggiunto? In cosa differisce da altre realtà simili?
Rispetto ad altre realtà simili, Leanbet punta al massimo coinvolgimento delle persone, e questo affinché il miglioramento prosegua anche dopo la fine della consulenza. Perché da questo punto di vista l’ottica è sempre quella di rendere maturo e autonomo il cliente. Non diamo pesci ma insegniamo a pescare: il miglioramento deve essere sostenibile e scaturire dall’azienda stessa.
Lavorare in Leanbet contribuisce anche alla tua crescita personale? In che modo?
Cresco ogni volta che mi trovo a lavorare accanto a un consulente senior, perché sono curioso e assorbo come una spugna. Da parte di tutti c’è grande condivisione degli strumenti, delle metodologie e delle idee. In questo senso la crescita avviene per osmosi, ed è reciproca. In più c’è la formazione personale: siamo spronati a migliorarci, e non potrebbe essere altrimenti perché significherebbe… vendere fuffa.
Consiglieresti ad altri giovani professionisti di unirsi al team Leanbet? Perché?
Lo consiglierei senz’altro perché Leanbet ti permette in poco tempo di crescere rapidamente, a livello professionale ma anche personale. Vedere tanti contesti aziendali (dalla metallurgia all’alimentare, dall’elettronica alla logistica), governati da processi così diversi e tuttavia con problemi di fondo comuni, è molto istruttivo. Forma a livello tecnico e umano, perché occorre mettersi in gioco, far fronte a responsabilità importanti. Leanbet ti dà molta fiducia, ti proietta in contesti nei quali non ti saresti mai lanciato. Ed è proprio quando usciamo dalla nostra comfort zone che impariamo di più.
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Contatta marisa.bergamini@leanbet.eu
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